LO SPLENDORE DELLA GRAZIA SUL VOLTO DI GESÚ E DI MARIA

Mostra presso il chiostro del Santuario Saronno

“Il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto!” (Sl 27,8-9)

Si può dire che l’esperienza religiosa si colloca tra il desiderio innato di “vedere Dio” e l’appagamento della “visione beatifica”, quando “lo vedremo cosi come egli è” (1 Gv 3,2).

Per educare alla visione della sua gloria inimmaginabile e insostenibile Dio ha cominciato col proibire all’uomo di farsi delle “immagini deformate” di lui: “Non ti farai idolo nè immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo nè di ciò che è quaggiù sulla terra, nè di ciò che è nelle acque sotto la terra” (Es 20,4).

Anche l’esperienza religiosa più alta possibile all’uomo sulla terra, che culmina con la domanda di Mosè: “Mostrami la tua Gloria!” (Es 33,18), non può essere esaudita che in parte, con un velo che impedisca all’uomo stesso di morire abbagliato. Dio, il vero Dio, sulla terra “nessuno lo ha mai visto” e non lo potrà mai vedere con le sue proprie forze se non di spalle.

Dio, però, non ha suscitato invano questo desiderio, avendo fatto l’uomo stesso “a sua immagine e somiglianza” e nel suo Figlio unigenito, “pieno di grazia e di verità” ci ha mostrato il suo vero volto: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9).

Da che l’invisibile si è fatto visibile anche l’immagine vera e perfetta del Padre che è Gesù di Nazaret può essere contemplata in ogni uomo, diventato suo fratello più piccolo, e quindi anche in ogni immagine fatta da mani d’uomo che voglia riprodurre i contorni umani del Verbo incarnato.

Contemplando il mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo, “splendore della gloria del Padre” (Eb 1,3) e sua immagine perfetta, anche all’uomo è dato di immedesimarsi in questa immagine: “Noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore (2Cor 3,18).


“Tutta bella sei, o Maria!”

Anche il volto di Maria è un tema ricchissimo per tutta l’arte cristiana, sia di ispirazione orientale che occidentale.

Dalla più antica immagine conosciuta di Maria, quella della catacombe di Priscilla a Roma, risalente alla metà del III secolo, Maria venne rappresentata rarissimamente da sola, perché nei Vangeli la sua figura non ci appare mai come descritta autonomamente, ma come persona che ha la propria ragione di esistere solo in funzione del mistero dell’incarnazione di Gesù Cristo e che proprio da questo mistero ricava la sua “immagine” più vera ed è stata riconosciuta come “Madre di Dio” (Conc. di Efeso 431) e quindi Madre di ogni discepolo del Signore, che la accoglie nella sua casa, le fa spazio nel proprio cuore.

Guardando a Maria, il fedele riconosce in lei lo “speculum iustitiae”, il riflesso autentico della perfezione divina, offerto a tutti perché ne imitino le virtù.

L’arte orientale si è concentrata soprattutto sulle icone raffiguranti la Madre di Dio (Theotokos), con Maria che indica in Gesù la Via della salvezza (Odighitria) o che abbraccia ed è abbracciata da Gesù come segno di salvezza e di comunione perfetta (Eleusa).

L’arte occidentale si è aperta maggiormente a rappresentazioni più plastiche di scene evangeliche, dall’Annunciazione alla Deposizione dalla croce, di devozioni locali particolari, o di privilegi mariani come l’Immacolata concezione o l’Assunzione al cielo.

Non sempre le immagini di Maria più venerate sono anche capolavori dal punto di vista artistico, ma sicuramente la pietà cristiana dispiegata nei secoli anche nell’opera degli artisti più famosi ha saputo esprimere in Maria i tratti più belli dell’umanità femminile, ne ha riconosciuto la vicinanza all’esperienza della sofferenza e della gioia famigliare, invocandone la protezione contro ogni pericolo dell’anima e del corpo, in attesa del compimento del nostro destino di salvezza con lei nella gloria. (dpz)